- Documento realizzato da: Distretto Culturale di Valle Camonica nel: 2016, pubblicato il 24/04/2020
“La rievocazione della Minerva si ricollega alla storia del paese. Ho deciso di dipingerla perché mi hanno affascinato il suo ritrovamento fortuito e le fattezze pregiate, la naturalezza della figura femminile potente, protettrice, classica ed eterna. Per questo ho voluto “restaurare” la dea Minerva e collocarla nel contesto che pensavo fosse a lei congeniale: accanto al castello che domina Breno, posta tra il torrione medievale e la piazza, centro della vita civica della comunità, ponte tra passato e futuro.” OZMO, al secolo Gionata Gesi, uno dei padri fondatori della Street Art italiana, le cui opere pubbliche fanno bella mostra di sé in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, in centro e Sud America e in importanti collezioni museali, ha realizzato il suo personale omaggio a Minerva, la dea romana che nella veste di erede delle caratteristiche e dei poteri propri delle divinità indigene territoriali, era la più popolare in Valle Camonica (BS) e della quale la Valle Camonica conserva uno dei più pregiati esemplari di scultura colta di età augustea dell’Italia settentrionale: la Minerva Risanatrice di Breno-Spinera. La MINERVA di OZMO si trova a BRENO (BS) in Piazza Gen. Ronchi, meglio conosciuta come Piazza del Mercato, sovrastata da uno splendido castello medievale che protegge la Valle Camonica, la Valle dei Segni. NOTA DEL REGISTA: Questo video tenta di rappresentare il coronamento del mito di OZMO, cercando di far riflettere su di una corona millenaria – appartenente ad una divinità (Minerva) – che si specchia con una corona contemporanea (caschetto di OZMO con gopro, + vari supporti fotografici, utili ad emulare una sorta di “soggettiva palpabile” dell’intervento dell’artista). Questo avviene grazie alla disponibilità ed attenzione di una terra che possiede un approccio ad alto contenuto ricettivo sull’argomento, connesso alla pittura che si preoccupa di comunicare concetti complessi attraverso l’intervento umano scalfendoli ed imprimendoli nel tempo attraverso l’utilizzo di supporti solidi permanenti (le pietre nell’antichità, i muri “nell’oggi”). Antico e innovativo si scindono dunque in un unico approccio rappresentativo, che tende a generare matrici di ragionamento primordiali rassomiglianti e distanti temporalmente tra loro. Ottenendo comunque il medesimo risultato attraversando differenti forme e tecniche di composizione. Mito e realtà si fondono attraverso una tecnica compositiva che ammicca ai primi tentativi di approdo permanente del comunicare umano (sia nell’approccio del grande artista sulle tematiche affrontate attraverso le molteplici tecniche di realizzazioni utilizzate – utili a comporre la sua grande opera; sia attraverso la tecnica compositiva utilizzata per realizzare il video, che ammicca alla metodologia pratica in voga durante la nascita della cinematografia – tempo espanso attraverso fotografie in sequenza). Anche la parte audio si accosta e plasma a tale principio gestionale (o gestazionale) e, partendo da un caos primordiale, tribale, disconnesso e primitivo inizia ad assumere una forma logica e razionale di pari passo all’evoluzione del dipinto di OZMO, fino ad assestarsi a sonorità contemporanee, che partono dal suono analogico (trombe, bassi tuba, piatti) e si accostano all’approccio algoritmico/matematico tipico dell’elettronica digitale (batterie, sintetizzatori, sincopatia e dissonanze). Nella prima parte del filmato lo spettatore sarà letteralmente catapultato nel caos primordiale sopracitato, attraversando “ribaltamenti antigravitazionali” e punti di vista che non possiedono un riferimento di equilibrio fisso e stabile. Proprio come Michelangelo realizzò la sua Cappella Sistina, anche OZMO si ritroverà sdraiato di fronte al suo muro, portando avanti la sua opera ad ogni costo. Tale “big bang” iniziale troverà assestamento logico e razionale con lo scorrere delle immagini in sequenza, in simbiosi all’evolversi della musica e della forma percepibile dell’opera disegnata, e più le componenti del dipinto (dettagli come le serpi, la lancia, la corona, il volto, la civetta e la veste di Minerva) diverranno comprensibili, visibili e palpabili tanto più il tutto sarà in armonia con lo spazio circostante e la natura dell’ambiente dove questa monumentale opera è stata realizzata, e dove verrà accolta come se fosse stata sempre parte integrante del suo spazio. Augurando una buona visione ci tengo a precisare che il termine “armonia” è assai soggettivo e il significato che assume è del tutto assestato al gusto personale che ognuno di noi ha sulla realtà.
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