Salvetti Antonio (Fisarmonicista)

Salvetti Antonio

Antonio Salvetti, originario di Breno, ha cominciato a suonare a 9 anni, spinto da una fascinazione per la fisarmonica che vedeva suonare alle feste di paese, fin da quando era bambino. Il padre assecondando dopo una prima esitazione la sua richiesta, decise di affidarlo a un maestro molto conosciuto in media
Valle Camonica, Vittorino Ragazzi, che insegnava a Esine.
Diceva che ero già vecchio rispetto [agli altri] (ride), scherzando né. Eravamo una ventina […] [il maestro] era severo, si accorgeva se andavi giù per perdere tempo. Una volta a settimana ti dava i compiti e andavo giù il sabato e via […]. Ho fatto un annetto di solfeggio, è stato un anno difficile perché vedevi gli altri fare le prime canzoncine e invece io ero lì […] poi ho iniziato a prendere in mano lo strumento […] i miei genitori mi hanno comprato una fisarmonica piccolina, era nuova […] la prima volta che ho tenuto la fisarmonica in mano il maestro era sudato, sudava…lui, sudavo anche io né, ma sudava anche lui! È stato difficile imparare a suonare all’inizio, non studiavo tutti i giorni ma quasi, poi eri entusiasta no, le prime canzoncine, le prime note ti sembrava di fare chissà che, quindi tutti i giorni quasi, la prendevi in mano quel momento né, e via così […] Seguito più di dieci anni la scuola del maestro Ragazzi, venne inserito nel corpo della fisorchestra di Esine, fondata dal maestro, che contava più di dieci elementi e proponeva brani moderni o classici, soprattutto da banda, reinterpretati con le fisarmoniche, accompagnate dalla batteria: a 17 anni, per la prima volta, Antonio si esibisce con un compagno al Teatro di Esine. L’attività in fisorchestra prosegue con varie esibizioni nei teatri della Valle Camonica fino ai 20 anni, mentre, finite le scuole obbligatorie, comincia subito a lavorare.
Con l’avanzare dell’età del maestro Vittorino e la scarsità di nuovi allievi, il gruppo viene a mancare, così Antonio comincia a suonare la fisarmonica in duo, con un compagno di Breno prima, e con un amico
di Borno poi, con cui fonda il gruppo Antonio&Giacomo: all’inizio chiamati da conoscenti per feste e compleanni, cominceranno a suonare poi in alcuni locali valligiani, ma comunque con un impegno
poco gravoso.
No no, suonavo solo così e basta, solo le canzoni che mi interessavano, se sentivo una canzone che mi piaceva la cercavo e via…provavo a farla, per farla poi in serata […].
Con l’arrivo dei primi amori importanti il duo si scioglie, e Antonio, conosciuta Claudia, la futura moglie, amante del canto, comincia con lei ad esibirsi a serate danzanti e feste di paese, in Valle Camonica e in alcune località della bergamasca. L’impegno comincia a diventare più consistente, con trasferte che durano anche tutto il weekend, e la volontà di mantenere l’esibizione completamente dal vivo rende difficoltoso conciliare l’attività musicale con il lavoro.
Era impegnativo sì perché ci si spostava in macchina, partivi il pomeriggio, montavi tutta l’attrezzatura, suonavi tutta sera poi smontavi tutto caricavi e tornavi a casa, facevamo anche venerdì sabato e domenica e dopo con il lavoro cercavo magari di prendere ferie per una giornata. Poteva anche essere [un lavoro] ma siamo stati noi a non volerlo, perché tenevamo sempre i clienti che ci andava di andare a suonare, a volte ci chiedevano ma non riuscivo a prendere ferie…l’ho sempre visto come un hobby dai…mi divertivo lo facevo volentieri, a volte mi divertivo di più, a volte mi pesava, perché avendo un lavoro…era una cosa in più…tornavamo da sopra Ponte di Legno la notte e dovevo fermarmi perché mi veniva di prender giù sonno perché avevo lavorato tutto il giorno. […] Adesso parte il computer a inizio serata e lo spengono a fine serata e basta […] è brutto da dire ma è così, paghi fior di soldini che potresti mettere lì la tua radio ed è la stessa cosa.
[…] Oggi metti su un’orchestra anche se non conosci una nota. Una volta invece dovevi essere capace di suonare, oggi basta saper coinvolgere le persone, con una barzelletta. Il pubblico per lo più non se ne accorge. E questo cambiamento è dovuto alla tecnologia e alle possibilità, ora è diventata una roba allucinante, anche per le orchestre enormi, non cantano e suonano tutta sera, magari ne suonano dieci su cento e le altre sono già pronte.
I repertori proposti seguono l’interesse del pubblico, e si compongono soprattutto di musiche da ballo, canzoni contemporanee riproposte con la fisarmonica, raramente, e solo su richiesta, si inseriscono
brani di ispirazione popolare e di tradizione locale. Con l’arrivo della prima figlia le esibizioni cominciano a calare per poi terminare quasi definitivamente con il secondo figlio, nato nel 2017. Attualmente Antonio si esibisce con la moglie in rare occasioni, soprattutto per feste di parenti, amici o clienti rimasti affezionati, e una volta al mese, da solo, alla casa di riposo di Breno, suo paese natale.
È bellissimo [alla casa di riposo], vedi di quelle cose…nonni che sembrano quasi dell’aldilà, si risvegliano, […] lo faccio volentieri, gratuitamente […]. La fisarmonica fa miracoli a quelle persone lì, è una terapia per loro, oltre al divertimento: persone che non scendevano da anni di sopra in camerata, sono i primi a essere di sotto, vuol dire che la cosa funziona.
La testimonianza di Antonio Salvetti, che mi ha accolto nel suo appartamento a Berzo Inferiore, si è contraddistinta per il suo carattere semplice e spontaneo, e mi ha fatto prendere contatto con una dimensione amatoriale ma non meno importante della fisarmonica in Valle Camonica: quella degli appassionati, di coloro che hanno subito fin da bambini il fascino dello strumento, visto per le prime volte alle feste di paese, e che hanno cominciato a studiare con la voglia, prima di tutto, di diventare essi stessi quei suonatori di paese, quegli animatori delle feste di comunità. L’obiettivo, come spiega il testimone, era quello di saper suonare quelle canzoncine, quei motivi che sentiva fare, senza soffermarsi sul come ci si arrivi: la fisarmonica rappresentava uno strumento che consentiva di arrivare a quelle melodie, quei suoni sentiti e risentiti, che si è desiderato riproporre di propria mano. Proprio per questo motivo la fisarmonica non ha mai cessato di essere, anche nei periodi più impegnativi, fondamentalmente una passione, un hobby spontaneo e un modo per condividere le atmosfere viste nei primi anni da spettatore. Il repertorio incentrato sulla musica da ballo e sui brani più moderni, la riproposizione di alcune melodie rese famose dalla televisione o dai film, l’impegno a suonare sempre dal vivo, la tendenza a rimanere estranei alla scena musicale più importante e, d’altra parte, a rimanere legati all’ambiente valligiano, agli amici e alle conoscenze dirette, testimoniano un’attenzione al piacere del pubblico e alla propria passione, più che alla resa economica, e l’assenza di pretese virtuosistiche. La fisarmonica è innanzitutto, per Antonio, musica agita, non pensata. È stato importante per me entrare in contatto con un testimone così disabituato a parlare di sé, a rileggere i perché e i come della sua esperienza: mi ha consentito di percepire quello che la fisarmonica è innanzitutto, e cioè azione, movimento, pratica, e la pratica è difficile da spiegare, si fa e basta.

Località: Breno

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