Storia e geografia della fisarmonica. Biografie, luoghi e ricerche in Valle Camonica di Elisa Salvetti

Storia e geografia della fisarmonica di Elisa Salvetti

Il progetto sulla storia della fisarmonica in Valle Camonica, voluto dall’Associazione El Telèr di Berzo Demo e coordinato dal Distretto Culturale di Valle Camonica, mi ha permesso di partecipare, in qualità di ricercatrice, alla fase di raccolta delle testimonianze di alcuni tra i numerosi fisarmonicisti presenti in terra camuna.
Ho avuto modo di avvicinarmi a un tema, quello della fisarmonica, praticamente sconosciuto, e di immergermi in un mondo che non avevo mai esplorato prima, se non superficialmente. Ho da subito pensato che questa mia condizione fosse non un ostacolo da superare, ma una risorsa importante: troppo spesso le ricerche si lasciano guidare da strutturazioni concettuali a monte, da schemi e aspettative preconfezionate. Non sapere nulla sulla fisarmonica mi ha costretto ad un approccio genuinamente aperto, attento, suscettibile di continuo cambiamento. Come diceva il filosofo tedesco Ludwig Wittgenstein non pensare ma osserva, cioè lascia che il campo di ricerca ti assorba e solo dal campo di ricerca emergano delle reti significative per leggere e trarre delle connessioni di significato.
Il tipo di sapere che emerge in questa ricerca si presenta a un primo sguardo parziale, modificabile, sempre profondamente coinvolto, ma proprio grazie alla sua flessibilità.
Il quadro che ha cominciato ad emergere dopo le prime testimonianze si è rivelato molto complesso, articolato, e particolare: saper riconoscere e non sacrificare la complessità e la particolarità è il primo vero obiettivo che, a mio parere, deve avere una ricerca etnografica. È importante saper trasmettere, a chi si interesserà di questa ricerca, non un quadro ben definito, con una cornice netta e ordinata, ma tutta la ricchezza e la molteplicità di una realtà, a discapito degli schemi che il ricercatore rischia di avere nella sua testa.

Procedendo con l’aiuto di questo sano smarrimento iniziale, ho potuto notare degli elementi significativi, che riassumo in alcuni punti per comodità, ma che inevitabilmente si intrecciano tra loro, in una trama fitta e inestricabile.
In primo luogo la complessità del campo e il legame profondo tra la visione dello strumento fisarmonica e le singole particolari biografie dei testimoni. Ogni persona intervistata ha infatti composto, con
il proprio racconto di vita, un mosaico di prospettive, visioni, speranze, necessità, che hanno ruotato e ruotano intorno alla fisarmonica.
In secondo luogo la complessità dei luoghi e delle socialità che attorno a queste biografie si compongono, che allargano ancora di più l’orizzonte che lo strumento delinea, fatto di tanti eventi,
tanti pubblici, tante occasioni comunitarie diverse.
In terzo luogo, è da notare l’interessante intreccio di aspettative attorno a questo progetto di ricerca: dei committenti, dei coordinatori, dei singoli fisarmonicisti, dei ricercatori stessi, fatto questo che dice molto non solo su quello che la fisarmonica è oggi in Valle Camonica, ma quello che ognuno vorrebbe che fosse.
Per quanto riguarda il primo punto, ho avuto modo di incontrare nella ricerca fisarmonicisti molto diversi tra loro: Enrico Caldinelli, autodidatta di Monno, che ha fatto emergere l’importante ruolo della musica nella costruzione di relazioni e memorie; Mattia Ducoli, il più giovane testimone che ho incontrato, che oltre a cominciare a diciannove anni da autodidatta perché affascinato dalla musica
folk e irlandese, sta imparando a riparare le fisarmoniche da Beltrami, uno dei pochi artigiani rimasti a Stradella; Germano Melotti, sciamano cantastorie legato intimamente al suo paese d’origine, Monno, e da sempre interessato all’uso popolare dello strumento; Ferdinando Mottinelli, originario di Malonno e allievo del Maestro Passeri, che ha proposto una ricca biografia di esperienze dal ballo liscio, al Conservatorio, alla didattica, alla direzione di coro; Graziano Picinelli di Piancamuno, musicista e autore, che affianca all’importante carriera legata alla musica da ballo, l’apertura verso la musica jazz e contemporanea; Giacomo Putelli, che ha trovato nella fisarmonica lo strumento ideale per far emergere la sua indole da appassionato uomo di spettacolo; Antonio Salvetti, originario di Breno, che ha raccontato la sua semplice passione per la fisarmonica nata nella scuola di Vittorino Ragazzi a Esine; Oscar Taboni, musicista diplomato, concertista e insegnante, testardo promotore e fautore della fisarmonica nel Conservatorio e nelle scuole.
Le biografie che ho incontrato hanno da subito allargato il ruolo della fisarmonica, presentandola come uno strumento incredibilmente duttile, capace di muoversi su più fronti musicali.
Prima di tutto emerge sicuramente la musica da ballo, che porta con sé tutto l’immaginario del ballo liscio, che si suona dalle balere alle sale dedicate, dalle feste di paese alle feste private. In questo contesto si aprono in realtà più scenari differenti, sia cronologicamente che geograficamente situati.
Negli anni settanta viene descritta una vitale attività musicale in Valle Camonica, con la fisarmonica come assoluta protagonista: strumento imprescindibile per qualsiasi festa di paese, festa dei coscritti, serata in balera o nei locali. Alla nascita delle piccole orchestre si affiancano tanti gruppi musicali estemporanei, le esibizioni sono sempre dal vivo e legate a doppio filo con l’occasione, il luogo, l’umore dei musicisti e del pubblico, l’improvvisazione. A questi contesti è legata anche la musica popolare e locale, che emerge ai margini di alcune testimonianze più come un retaggio di decenni precedenti che come una reale e consapevole tradizione attivamente perpetuata, e che si affianca ai repertori più propriamente da ballo, ma che va sempre più scomparendo, tranne in alcune testimonianze che rappresentano però delle eccezioni, avendo l’obiettivo dichiarato di valorizzare e riproporre tradizioni musicali passate.
Con gli anni ottanta e poi i novanta in Valle Camonica la fisarmonica da ballo è rimasta legata ad alcuni contesti, perdendo però quel ruolo di protagonista delle occasioni comunitarie: rimane
in alcune feste di paese e confinata nelle sale da ballo, sempre meno diffuse, mantenendo il ruolo nelle orchestre, sempre più inclini però a esibizioni professionali, come nell’ambiente extra valligiano, descritto bene da alcune testimonianze. In questo panorama infatti l’esibizione musicale diventa sempre meno dal vivo e sempre più calata all’interno di un vero e proprio spettacolo, dove la musica passa in secondo piano, e la fisarmonica con lei.
La musica da ballo rimane comunque, in base alle testimonianze, l’orizzonte in cui, in Valle Camonica, la fisarmonica emerge maggiormente, mentre non si evidenzia, tranne rare eccezioni, una particolare consapevolezza delle tradizioni musicali della Valle precedenti a questi repertori.
Anche i pubblici descritti dagli intervistati testimoniano questi cambiamenti di ruolo: a serate partecipate da una larga fetta di comunità, attenta alle esibizioni, si va verso un pubblico più disattento, meno partecipe dell’esibizione musicale e anche, a sua volta, meno protagonista. Tale tendenza si connette ai profondi cambiamenti dei luoghi di vita e della loro percezione, a come si opera e si vive nei luoghi, ai cambiamenti dei contesti, delle occasioni sociali e comunitarie, dell’orizzonte di senso in cui si vive.
Ma non esiste solamente la musica da ballo, come alcuni dei testimoni mi hanno ricordato. La Valle Camonica si presenta, per alcuni musicisti intervistati, come un ambiente a volte limitante, ostico ad
aprirsi ad altre esperienze e repertori musicali, meno radicati e popolari.
In questo ambito è da segnalare da una parte il grande lavoro per l’introduzione della fisarmonica nei percorsi didattici, dalle scuole al Conservatorio, che ha permesso allo strumento di allargare le sue potenzialità, aprendosi ai repertori classici e concertistici, dall’altra alcune singole esperienze che fanno emergere altri panorami, come quello jazz e quello della musica folk. Entrambi i fattori differenziano ulteriormente i pubblici di riferimento, aprendo ad altri gruppi sociali, che fanno conoscenza dello strumento al di fuori del classico contesto popolare, e a fasce d’età più giovani.
Alla luce di questi nuovi elementi la fisarmonica da una parte si inserisce in contesti che aprono a nuove occasioni comunitarie, come i concerti, i festival, le scuole, e dall’altra si ripropone nei contesti che già frequentava in passato, quelli popolari, con repertori però diversi, non più solamente legati al mondo della musica da ballo o tradizionale.
Altri due “luoghi” importanti da segnalare sono quelli della televisione e dei social network: la prima ha interessato alcune biografie dei testimoni, come occasione sporadica in alcuni casi, in altri come vera e propria professione; in questi contesti la fisarmonica è quasi sempre stata connotata come strumento principe della sola musica da ballo, enfatizzando spesso gli stereotipi legati a questo mondo.
Nel secondo caso, i social network, che da meno di un decennio hanno cambiato e stanno cambiando gli orizzonti comunicativi e identitari dei gruppi sociali e dei singoli, facilitano contatti prima impensabili, permettendo di far entrare, nella realtà quotidiana dello strumento, possibilità lontane da quelle tipiche del contesto valligiano, e conformano pubblici inediti, che non hanno più un luogo fisico di aggregazione, ma sono comunque partecipi di uno stesso interesse musicale, e vanno a creare una comunità digitale di riferimento.
Il quadro fin qui delineato si presenta molto complesso e variegato, e ognuno degli ambiti raccontati si intreccia con l’altro, legandosi alle biografie particolari, alle occasioni, ai luoghi, alle emozioni di ciascuno. La fisarmonica appare come filo conduttore
di diverse aspettative e prospettive, che privilegiano in alcuni casi la riscoperta della musica tradizionale, in altri la professionalità e la carriera nelle orchestre da ballo, oppure la passione per la musica suonata in strada, il primato della preparazione accademica, il virtuosismo tecnico, e così via.
A questi intrecci si vanno a legare quindi diversi contesti sociali e diversi pubblici, anche molto diversi tra loro. Il pubblico legato alle serate danzanti si compone da una fetta di persone anziane, legate alla tradizione del ballo liscio dei decenni passati, ma anche da persone adulte e una piccola parte di nuovi e giovani ballerini, che stanno modificando i gusti e le tendenze della musica da ballo stessa,
attenta ora più di prima ai ritmi contemporanei e ai successi di televisione e radio.
Il pubblico della musica jazz è invece molto ridotto, soprattutto in Valle Camonica, e si protende verso panorami nazionali e internazionali, servendosi soprattutto degli ambienti digitali. La musica folk è poco eseguita da gruppi valligiani, ma apre la fisarmonica al ritorno nelle strade e nelle piazze attraverso sonorità diverse da quelle del ballo liscio o della musica tradizionale, avvicinando anche le fasce d’età più giovani.
L’apertura di corsi didattici in fisarmonica, nelle scuole e nel Conservatorio, coopera alla formazione di nuovi pubblici e nuovi tipi di socialità: quelli dei concerti, dei festival, delle rassegne di musica
classica e contemporanea.
Infine, la riproposizione di musiche popolari e tradizionali, spesso costruita per occasioni particolari, cerca di valorizzare una percezione e un sentire comunitario che forse ha perso però
i suoi contesti d’origine. In conclusione, i pubblici, come le varie tipologie di musica incontrati nel corso della ricerca, sono molteplici e si intrecciano tra loro, rendendo il panorama estremamente vitale e variegato.
Ultimo punto che mi preme sottolineare è la molteplicità di aspettative e desideri che si sono costruiti attorno alla ricerca stessa, elemento che a mio parere testimonia come la fisarmonica viene percepita oggi, o meglio, quanto sia vitale e discusso il ruolo che nell’oggi dovrebbe avere. La tradizione non affonda le sue radici nel passato, e non è mai neutrale: viene costruita o ribadita o modificata da un presente che ha degli obiettivi, che attraverso quella tradizione vuole riconoscere e mostrare i propri valori e prospettive. In sostanza, la tradizione dice molto del presente e del futuro, più che del passato: anche in questo caso, la ricerca di una tradizione fisarmonicistica ci dice molto del nostro tempo, di quello che scegliamo di valorizzare, e quello che scegliamo di lasciar da parte. Da un lato si chiede alla ricerca di trovare la musica tradizionale, quasi fosse un nocciolo imprescindibile e ben piantato nelle radici del panorama odierno, dall’altro si chiede a gran voce di mettere da parte questo legame per far spazio a tutte le sfumature che lo strumento ha conosciuto e conosce oggi in Valle Camonica, dall’altro ancora si è spinti dalla necessità di ricordare e conservare, ossessioni tipiche dell’Occidente moderno e contemporaneo, e si vorrebbe costruire un piccolo museo di storie: tutte queste istanze sono importanti, e ci raccontano l’oggi della fisarmonica, la sua vitalità.
Come diceva Pablo Picasso, Non cerco, trovo: più che cercare una tradizione, è fondamentale osservare quanti contesti diversi e vitali si aprono oggi, qui ed ora, attorno alla fisarmonica, e come questi si costruiscano elaborando eredità, o obiettivi futuri, idee di cosa fa, della fisarmonica, la fisarmonica. Questo strumento è tutti questi contesti, nessuno escluso, e trova spazio là dove è suonato, là dove crea l’occasione: sia in un’aula didattica, in una piazza, in un teatro, in un’osteria, in un piccolo jazz club, in una strada o in una sala da ballo.

 

Località: Valle Camonica

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